venerdì 28 novembre 2008

Artisti incompresi

«Pronto??Pronto??»
«Sì, pronto, la sento, mi dica»
«Ah. No scusi è che sentivo come un fruscio… Senta, ho bisogno di un’informazione». Silenzio.
«Prego, mi dica», intanto continuo a battere sulla tastiera del computer.
«Ehm, ma che è ‘sto ticchettio?»
Va be’, ho capito, smetto di scrivere. «Prego, mi dica»
«Ma è una casa editrice?», fa la voce tra il titubante e il preoccupato.
«Sì».
«Ah bene! Perché io avrei delle poesie da pubblicare. Se gliele mando me la pubblica?»
«Può darsi. Sa, non dipende da me. Ci invii il suo manoscritto; se le poesie piaceranno, verranno pubblicate».
«Ma se gliele invio in mattinata, mi dà una risposta per ora di pranzo? »
«No, scusi, ha fretta? Non le so dire quando le verrà comunicato qualcosa, di certo non in giornata».
«Ah, va be’, grazie. Credevo foste più seri». E butta giù. Resto a guardare il telefono. Forse era uno scherzo. 

Si ferma un taxi. 
Scende una giovane, appariscente, sedicente autrice. «Oddio Barbara, che occhi che ho stamani! Guarda, fare la scrittrice è davvero stressante». Immagino, vai a dirlo a qualsiasi lavoratore italiano che se lo paga da sé l’affitto, senza aspettare l’accredito del babbo facoltoso… sì, giocare a fare la scrittrice deve essere una roba terribile. Chissà perché i suoi racconti sono stati snobbati dall’Einaudi, dalla Feltrinelli, dalla Minimum Fax, dalla Sellerio. Inspiegabile.
«Be’, vado su che ho un appuntamento con l’editore e sono in ritardo. Mi fai portare un caffè, per cortesia?
Zi, padrona!

Sì, che stavo facendo? Ah, la posta elettronica. Perfetto, sentiamo il saggio autore in pensione cosa dice.
“Ho inviato copia del mio libro ad Augias e a Sergio Romano ma non ho ricevuto alcuna risposta”.
Ma dai? Il nostro è un paese di narratori, artisti, poeti. Tutti incompresi.
“Però ho ricevuto lettera di ringraziamento dalla Segreteria di Stato del Vaticano da parte di Benedetto XVI con apostolica benedizione. La lettera non riportava il nome della mia pubblicazione ma era comunque indirizzata a me”.

In fondo, ci vuol così poco nella vita per essere felici.

venerdì 21 novembre 2008

Esordienti

Si avvicina controvoglia.
Bisbiglia un «Ciao» accompagnato da un sorriso distratto, intanto poggia lo zaino, estrae un paio di foglietti spiegazzati, si lega i capelli e ti chiede come va. Ma si vede che sta già pensando ad altro.
Tu, invece, ti chiedi come faccia uno così a scrivere cose del tipo: “Prese i suoi vestiti, si ricompose come un puzzle incompleto, in silenzio, sotto i suoi occhi” o “[…]i pensieri come un piatto di spaghetti secchi, idee come aquiloni bucati, il passo come quello dell’ultimo maratoneta stremato all’arrivo.
Rientrò in casa, aprì prima la porta del bagno, poi l’oblò della lavatrice ed infilò la testa nella macchina. Cominciò a recitare i propri dubbi e le proprie preghiere, perché divenissero chiare, districate, pulite”. 

E pensi a tutte le volte in cui avresti voluto metterci i tuoi di pensieri nella lavatrice per poterli tirar fuori puliti, freschi. Lasciarli asciugare al sole per un po’, e poi piegarli e rimettere ogni cosa nel cassetto  giusto.  Anthony, intanto, tira fuori dalla tasca il cartoccio del tabacco, una cartina e si prepara con cura la sua sigaretta. Ha iniziato a  riflettere a voce alta: parla dell’editoria, di distribuzione libraria, di progetti in cantiere, di notti insonni…
In momenti come questi il tuo lavoro non è così malaccio. Insomma, la piccola editoria dà più crucci che sorrisi ma poi ti fa imbattere in librettini come “Trasformazioni Invisibili”. Ci si può salvare dalla Moccia-mania: c’è una speranza anche per il nostro paese.
Poi, probabilmente, una raccolta di racconti scritti da un ventiseienne piùomeno romano l’acquisteranno in pochi, perché Anthony Colannino non lo conosce nessuno, perché i racconti non tirano, perché di scrittori esordienti ce ne son fin troppi, perché la pubblicità ha un costo. Ma, se vi capita tra le mani, aprite una pagina a caso e leggete qualche stralcio di queste Trasformazioni invisibili. Potrebbero riaffiorare profumi, sensazioni, pensieri che hanno già attraversato la vostra mente in un’altra epoca, in un altro luogo. Potrebbe venir voglia di leggerlo questo libricino.
Erano diversi mesi che mancava da quella casa.
Ritrovò, accogliendoli con un sorriso nostalgico, gli odori e i sapori di quell’infanzia da poco finita: il sugo sottratto furtivamente dalla pentola, l’uomo nero sotto il letto, le confessioni con le lacrime, le poesie recitate sulle sedie della sala.”
Anthony COLANNINO, Trasformazioni invisibili, p.92, Arduino Sacco Editore.

venerdì 7 novembre 2008

YES THEY CAN

E sì, va bene, lo confesso: anch’io avrei votato per Barack Obama. Non tanto perché  “giovane, bello e anche abbronzato”,  come ho sentito dire stasera, ma perché credo rappresenti davvero il cambiamento; perché condivido molte delle cose che dice; perché, ammettiamolo, simboleggia il sogno americano; perché, leggendo la sua biografia e ascoltando le sue parole, vien da pensare che sia vero: forse esiste un paese in cui parlare di meritocrazia può aver un senso. 
E poi l’avrei votato perché il mio stomaco non avrebbe retto nel vedere Sarah Balin alla vicepresidenza. Però… Però non era mia intenzione, oggi, parlare delle elezioni negli USA perché, onestamente, ho trovato eccessiva l’attenzione che i media italiani hanno riservato al fenomeno.

La non stop della Rai, il fatto che ¾ dei TG fossero dedicati alle elezioni negli USA, i sondaggi, i continui riferimenti agli Stati Uniti come modello di democrazia. Il TG1 ha addirittura invitato i telespettatori a partecipare al sondaggio, votando “quale dovrebbe essere la priorità del 44° Presidente degli USA”… Stamani accendo la televisione e al TG3 delle 6.00  sento dire: «Ventiquattro ore fa, stavamo ascoltando il commovente discorso di Barack Obama...» Esagerati!
Ho avuto la sensazione che si sia prestata maggiore attenzione alle elezioni statunitensi che a quelle italiane. Le votazioni, normale prassi di ogni sistema democratico che funzioni,  si sono così trasformate in uno show. Eccessivo! Forse per questa ragione ho comprato il giornale ma mi son limitata a sfogliarlo; ho ascoltato distrattamente il Tg e non ero intenzionata a scrivere alcun post sulla vittoria di Obama. Poi, però, ho sentito le illuminanti parole del nostro Presidente del Consiglio e, ancora una volta, è stato chiaro il motivo per cui si preferisca parlare della vittoria di un altro Presidente piuttosto che delle vicissitudini e dei personaggi di Casa Nostra.