giovedì 22 gennaio 2009

Carta e penna

Può accadere che, per qualche giorno e una miriade di ragioni, non si scriva più. Intendo scrivere veramente, con carta e penna, non pigiare velocemente le dita su una tastiera di un computer.
Capita poi che si prenda un foglio per appuntare alcune parole e orrore!! Le parole vengon fuori dalla penna a scatti, faticosamente. Prima era un fluire naturale e armonioso; le lettere erano tondeggianti o con delle cuspidi, a seconda dell’impeto e dell’umore del momento. Ora sono geroglifici che sembrano non appartenerti.
«Ma questa non è mica la mia calligrafia!», ti viene da pensare. Allora continui a scrivere e, pian piano, riprendi confidenza con la penna; la mano si inclina, il segno s’addolcisce; i pensieri si dispiegano sulla carta senza star a rimuginare troppo sulle parole da usare per esprimere al meglio le proprie sensazioni.
Contempli la pagina e vedi un pezzetto di te. E pensi alla persona che riceverà quelle righe un po’ sbafate, con un paio di cancellature, qualche maiuscola in stampatello, qualcuna in corsivo. Si sa: la mano non è perfetta; si perde la pulizia del tratto ma si guadagna il tepore del pensiero. Perché dietro una pagina manoscritta c’è sempre l’intensità e la trasparenza di qualcuno che non ha avuto paura di donarsi, di raccontare di sé, di mettersi a nudo. E magari sarà pure poco bella esteticamente, ma regalerà il calore di un abbraccio alla persona che la riceve.

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