lunedì 23 marzo 2009

Mumble mumble… E quali sono i cinque più grandi scrittori viventi?

Fahrenheit resta una della mie trasmissioni radiofoniche preferite. Ed avere la possibilità di ascoltare la voce di Sinibaldi in diretta, senza dover ricorrere al podcast, è uno dei privilegi che raramente posso concedermi. Un venerdì pomeriggio di qualche settimana fa, resto interdetta di fronte alla domanda «Allora, quali sono a vostro avviso i cinque maggiori scrittori viventi? Inviate la vostra classifica scrivendoci allo…»
«Saramago», penso immediatamente. «McEwan», dopo averci riflettuto un po’. Mmm… do un’occhiata ai pochi libri, ordinati di recente sugli scaffali della mia nuova casetta, e vedo solo nomi di uomini morti. Vabbè qualche autore ancora in vita c’è. Solo che non me la sento di dire “il più grande scrittore vivente”. Altro particolare: scrittore, pochissime donne. Ci sarebbe la Oates, scrittrice statunitense vivissima. Solo che ho letto un suo solo libro, “La madre che mi manca”. Un’opera bellissima ma, insomma, la Oates è tra i più prolifici scrittori americani e un solo romanzo è un po’ pochino per poterla inserire ai primi posti della mia personale classifica. Scopro che il sondaggio tra gli ascoltatori va avanti da una settimana e, come ultimo giorno, viene resa nota la classifica definitiva. Che è la seguente:

Philip Roth
Jose` Saramago
Gabriel Garcia Marquez
David Grossman
Cormac McCarthy

Secondo mmm… La mia ignoranza è abissale, lo confesso pubblicamente. Ho letto pochissimo di Roth, nulla di Grossman, nulla di McCarthy. Marquez? Boh!, cioè, sì, ovvio che ho letto “Cent’anni di solitudine”, “Cronaca di una morte annunciata”, “Dell’amore e altri demoni” e… basta, direi (mmm… sono un po’ ignorante anche su Marquez a ben pensarci). Comunque, dal poco che ho letto, non so non l’avrei inserito nella cinquina vincente.
Noto che neppure gli ascoltatori di Fahrenheit hanno menzionato donne. E dove sono gli italiani? Poi ascolto la voce di Mariarosa Mancuso, critica del Foglio, stupirsi dell’assenza di Alice Munro.
La copertina cinematografica di “Nemico, amico, amante...” è in bella vista sulla mia scrivania.
Ho acquistato il libro da pochi giorni, spinta dalla voglia di leggere qualche racconto e di leggere una donna. Negli ultimi anni ho scelto solo scrittori. Chissà perché poi… 
Prima di acquistare il libro, come mia abitudine, ho letto l’incipit, e poi ho aperto una pagina a caso.
La pagina a caso, nella fattispecie, diceva:

“Ma la vita nella quale avrebbe precipitato se stessa poteva non riservarle nessuno con cui infuriarsi, nessuno che fosse in debito con lei di qualcosa, nessuno su cui riversare eventuali compensi e castighi, nessuno veramente toccato da una qualsivoglia presa di posizione. Quello che lei provava potevi rivelarsi di nessun peso per tutti tranne lei stessa, pur gonfiandole il petto di angoscia, pur strozzandole il cuore e il respiro”.                                                                  
(Alice Munro, Il ponte galleggiante)

Una raccolta di nove racconti. Tutti bellissimi. Tutti con una donna come protagonista. Tutti struggenti. Non sono racconti, sono frammenti di vita. Aprono una finestra sull’esistenza di una volitiva domestica dagli occhi di velluto, sull’inquietudine di una giovane donna in una casa di campagna dell’Ontario, sugli appartamenti afosi e maleodoranti di Toronto. Ti fanno entrare nella vita di donne comuni dalla personalità complessa; donne in cui la quotidianità si confonde con i sogni di gioventù mai realizzati, con i desideri messi a tacere.
Questi racconti sanno di biscotti allo zenzero, di tacchini arrosto e grandi piatti di verdure. Sanno di fiori di campo ma anche di reazioni urticanti, come solo un prato di ortiche può provocare. Racconti densi, in cui non ci si può permettere un attimo di distrazione. E alle volte si rischia di arrivare a metà racconto e capire che deve esserci sfuggito un dettaglio importante. Allora si ricomincia daccapo e si scoprono particolari nuovi che rendono il racconto diverso e ci si chiede come si possa aver scoperto così tardi una scrittrice donna, che parla di donne, senza essere melensa o cadere nei luoghi comuni.
E siccome una sola opera non è sufficiente per poter inserire di diritto uno scrittore nella propria cinquina dei maggiori narratori viventi, vien voglia di leggere tutto, ma proprio tutto della Munro.