mercoledì 30 dicembre 2009

Passeggiando tra i ricordi

Strenne natalizie. Sì, sono giorni in cui vorresti fare tutto ciò che hai accantonato negli ultimi sei mesi perché “magari lo faccio stasera”. Poi la sera è passata e tu hai continuato a rimandare. Va bè, ma siamo agli sgoccioli, mica si può continuare a rimandare? E poi gli ultimi giorni dell’anno si dedicano ai bilanci, alle classifiche, alla lunga (e puntualmente disattesa) lista dei buoni propositi per l’anno che verrà… Insomma, ogni nuovo anno che si rispetti va accolto con un po’ d’ordine. Così, ieri sera, ho iniziato dalle cose essenziali: scaricare tutte le foto che giacevano da settimane nella mia digital camera. E m’è venuto un po’ di magone (dev’essere questa la ragione per cui continuavo a rimandare l’incombenza).
A inizio dicembre, persino Stachanov ha deciso di prendersi qualche giorno di riposo, così i coniugi Valigiesogni hanno ponteggiato in Toscana. «Un’altra volta?», direte voi. E sì, un’altra volta. Perché io, appena metto piede in quella regione, mi sento a casa mia. Questo poi era un viaggio speciale, una sorta di viaggio nel tempo.
Ho scoperto Pisa con gli occhi del signor Valigiesogni.



Ci siamo concessi un pranzo al sacco alle Piagge, lì dove lui, qualche anno fa, faceva jogging e, in primavera, andava a studiare; abbiamo scalato la torre (15 euro a persona. Lo fai una volta e poi non ci torni più), mangiato cecina, camminato in lungo e largo nelle vie del centro, sostato per un attimo nel luogo funesto in cui gli rubarono la bici. Per rendere l’atmosfera un po’ più nostalgica, ho incontrato una della mie più care amiche, nonché ex coinquilina ai tempi dell’Università, domiciliata a Pisa da qualche anno. E la serata si è conclusa in un tripudio di «E ti ricordi di quella volta in cui…?». E giù a ridere come se fossero trascorsi 10 giorni e non 10 anni.

















Per prenderci una pausa dai ricordi, ci siamo spostati nell’elegante Lucca.

La sognavo esattamente così: col cielo un po’ grigio, i vecchi caffè, le insegne d’epoca, le viuzze che ti conducono su un’ampia piazza, gli scorci che si aprono su meravigliosi cortili interni, 


















i vecchi palazzi che impregnano le vie con quell’odore d’umido, antico che ti rimanda a un romanzo ottocentesco e le note della Turandot che s’inerpicano fino alla Torre di Guinigi.










Con la pioggerellina e un vento gelido, ci siamo avviati verso Siena. Un po’ meno mia rispetto al passato perché sui balconcini della mia casetta ora ci sono gerani colorati e giochi di bambini. Le finestre sono chiuse e non lasciano trapelare la voce della radio né le risate di chi racconta una giornata buffa, appena conclusasi. Le vie sono le stesse ma camminando non incontro facce amiche, non mi fermo qua e là per salutare qualcuno. Anche la sede della facoltà è stata spostata, così come la biblioteca.





Incrociamo gruppetti di ragazzi. Studenti, si vede, lo si legge nei loro occhi. Pagherei per poter tornare un giorno in quella vita. Eppure ci son stati momenti grigi ma sono svaniti nel nulla, cancellati dalle amicizie rimaste nel tempo, dalle esperienze vissute, dai libri letti, dalle persone incontrate, dalle giornate di sole. Anche il campanilismo che caratterizza questa cittadina, la chiusura nei confronti di chi non è stato battezzato in contrada, la scarsa apertura verso l’altro (c’era, altroché se c’era), oggi sono lontani.


Piazza del Campo. Leggenda universitaria narra che se si sale sulla Torre del Mangia prima di laurearsi, si può dir addio al sudato pezzo di carta. Per non sfidare la sorte, ho rimandato questa foto per anni.  


Dopo un’ultima fiorentina (e una ribollita per me, donna dai gusti medievali), Stachanov riparte per il nord. Io riprendo il treno e torno all’oggi. 
Forse queste foto sono così malinconiche perché sanno di sogni che cozzano con la vita reale. Nella Siena d’allora pensavo che avere trentatré anni significasse essere adulta, con buona parte delle mie fantasticherie divenute realtà, significava avere le idee chiare, aver trovato la mia via, il mio lavoro…
Mi sa che i bilanci di fine anno non mi fanno tanto bene…

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