martedì 24 agosto 2010

Ritorni

L’estate è finita. Aria condizionata accesa, strade ancora deserte, zanzare ancora in azione, ufficio semivuoto, gli occhi spenti di chi è tornato alla scrivania, impegnato a scegliere una nuova foto per il proprio desktop. Non parla quasi nessuno. Siamo tutti là indaffarati a riorganizzare le idee e a mettere a posto dentro di noi le immagini dei giorni scorsi. Abbiamo già dato uno sguardo al calendario e programmato il prossimo viaggio. Nessuno lo confessa ma sono certa che ieri l’abbiano fatto un po’ tutti. Io per prima.
Sono stati giorni intensi, lontani dai TG, dalle vicende politiche (per quanto possibile), dal caos, dalla fretta.

Giorni di spaghetti al pomodoro, di carne alla brace, di ortaggi appena raccolti e frutta profumata.
Giorni appassionati, persa tra le fantasie di Nataša, l’impeto di Nikolaj Rostov, la mitezza di Pierre; turbata dal ritratto di Napoleone e da quanto la sua ambizione ricordi alcuni personaggi dei nostri giorni. La guerra, la morte, ma anche il delirio di onnipotenza, il desiderio di fama. Impossibile staccarsi da Guerra e pace; piacevole sapere che mi accompagnerà ancora per un po'.
Giorni di corsa, la corsa che fa bene, quella con le scarpette e i calzoncini mica quella per rincorrere il bus o per non perdere la metro. Salite, discese, il cielo azzurro, l’ombra delle colline laziali e qualche pensiero sparso. C’è stata anche una garetta estiva (almeno una al mese va fatta) ma la performance non è stata granché; tralasciamo. 


Giorni di montagna, tra i sentieri del Parco nazionale d’Abruzzo, la serenità del monte Tranquillo (il nome racchiude l’essenza della passeggiata), la bellezza del lago di Barrea e di quello della Montagna Spaccata. 
Giorni avventurosi in cui da provetta Indiana Jones ho guadato torrenti, affrontato belve pericolose (forse una vipera, forse un terribile serpente velenoso, probabilmente una biscia d’acqua…), camminato lungo pendii fino ad allora inaccessibili. 

E poi la malinconia del ritorno e il ritorno delle inquietudini che tormentano le tue serate. Manca sempre qualcosa. Forse è il desiderio di lentezza, è la necessità di avere più tempo per pensare, per ascoltare il silenzio, per ritrovare nella quotidianità quella pace che caratterizza i monti.
Quindici giorni non sono stati sufficienti per disintossicarmi da questa vita un po’ avvelenata. E riprende l’affannosa ricerca per renderla un po’ migliore.  

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