venerdì 1 luglio 2011

Vita sentimentale di un camionista

Da qualche mese, ormai, collaboro con un’Associazione che opera nel settore dell’autotrasporto.
«Mbè?!» direte voi. Mbè, per chi non mi conoscesse, sono una fanciulla minuta che detesta guidare e che continua a definire “camioncino” qualsiasi tipo di veicolo diverso da un’autovettura; per me è un “camioncino” anche un autoarticolato.
Quando ho accettato questo lavoro, l’ho fatto più per risolvere questioni di tipo pratico, quelle che affliggono “l’Italia peggiore”, per dirla con le parole del Ministro Brunetta, che per il fascino dell’ignoto. Ho anche pensato che, sebbene non avessi alcuna esperienza, non sarebbe stato così complesso studiare due decreti e un paio di norme del codice della strada in modo da poter fornire il giusto supporto tecnico-giuridico ai miei associati. Ingenua!
Mi sono trovata immersa in un marasma di decreti e note esplicative che più che esplicare complicano; circolari congiunte, comunicazioni dell’Agenzia delle Dogane, delle Entrate, regolamenti europei… Costi che aumentano giorno dopo giorno, sanzioni a tutto spiano, imprenditori inferociti che non sapendo a chi rivolgersi (giustamente, nelle sedi preposte mai che ti rispondesse qualcuno), telefonano a te. Con la consapevolezza che tu potrai far ben poco per aiutarli, ma almeno li ascolterai. Telefono amico.
   
Fatte le dovute premesse, va da sé che, un bel giorno, ho acquistato Vita sentimentale di un camionista.
Primo romanzo che leggo dell’autrice spagnola Alicia Giménez-Bartlett, la creatrice dei polizieschi di grande successo (a quanto pare) aventi come protagonista Petra Delicado; non posso, quindi, azzardare commenti e confronti tra la Giménez-Bartlett noir e la scrittrice di altri generi.
Ho trovato uno stile asciutto, frasi brevi e pochi fronzoli. La complessa personalità del protagonista, Rafael, camionista dongiovanni e dall’ego smisurato, emerge chilometro dopo chilometro.   
Si pensano tante cose quando si è inchiodati per ore a un sedile, il volante fra le mani e i piedi sui pedali. Si pensa tanto quanto i guardiani dei fari o i pastori con le greggi nei pascoli. […] Era buio pesto, l'umidità divorava i contorni delle cose, i fari proiettavano un alone opaco. Anche se le condizioni erano pessime, si proponeva di arrivare in tempo. Ce l'aveva fatta altre volte, non aveva mai mancato una consegna urgente. Nei paesi che attraversava la gente dormiva ancora, non si sarebbero svegliati prima di un paio d'ore. Allora sarebbero corsi nelle officine o nelle fabbriche, per rimanerci a lavorare fino a sera. Poi, sarebbero tornati a casa, avrebbero guardato la televisione, si sarebbero di nuovo messi a letto con le loro mogli. La gente non si muove mai, rimane sempre nello stesso posto, appiccicata a quel che vede dalle finestre di casa, tante volte il muro del vicino, un palo della luce. Lui non ce la faceva. Gli era sembrata una cosa normale, all'inizio, un lavoro fisso e alzarsi presto tutte le mattine. Ma non c'era riuscito. Si accese una sigaretta. Forse come camionista lavorava di più, doveva reggere più ore senza riposo, ma ogni giorno vedeva una città diversa, stava sveglio di notte. Poteva godersi il piacere di correre sul camion mentre gli altri dormivano nei loro buchi, piantati lì come alberi in fila senza protestare. Il brutto erano i pensieri, lunghe ore per pensare, aveva tutto il tempo che voleva per pensare. Certe volte le immagini del passato gli si ficcavano nella testa, battute e ribattute come chiodi. Allora doveva dominarle, allontanarle.
Rafel è un uomo che nella strada ha trovato la sua libertà; sì, ha una moglie e due figlie e si “rompe il culo per le strade” solo per loro – o così dice – ma poi ci sono le tante prostitute e la varie fidanzate sulle quali poter contare.
Un romanzo che non sfata il mito del camionista: grosso, rude, maschilista e un po’ violento, che beve  e fuma come un dannato. Un romanzo in cui gli autotrasportatori non hanno regole, nessuno li controlla, non subiscono pressioni. Solo nelle pagine finali si fa cenno ad una protesta con relativo fermo di tre giorni.
Chissà se qualche camionista avrà letto il romanzo. Chissà cosa avrà pensato. «Le solite invenzioni delle donne che non hanno nient’altro da fare».

Un’idea del libro qui.

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