mercoledì 13 febbraio 2013

Stoner: storia di una vita anonima e dell’arte di saperla raccontare



Preambolo
Si può acquistare un ereader. Riceverlo; guardarlo con scetticismo pensando che con lo stesso importo avrei potuto acquistare qualche altro libro cartaceo da aggiungere ad una libreria di titoli ancora da leggere. Ma…
Ma, dopo pochi giorni dall’acquisto, mi ritrovo bloccata in casa da una brutta influenza; voglio leggere assolutamente un libro che non possiedo e non posso uscire. Potrei aspettare, certo; c’è sempre la famosa libreria piena di libri intonsi. Ma vuoi mettere l’opzione “accendere l’ereader, un paio di click e iniziare a leggere il libro desiderato dopo un minuto”? Ah, il bello della tecnologia. Fine del preambolo e dello scetticismo. 


John Edward Williams, Stoner, Fazi Editore.
Traduzione di Stefano Tummolini
 


William Stoner si iscrisse all’Università del Missouri nel 1910, all’età di diciannove anni. Otto anni dopo, al culmine della Prima guerra mondiale, gli fu conferito il dottorato in Filosofia e ottenne un incarico presso la stessa università, dove restò a insegnare fino alla sua morte, nel 1956. Non superò mai il grado di ricercatore, e pochi studenti, dopo aver frequentato i suoi corsi, serbarono di lui un ricordo nitido.

Quando morì, i colleghi donarono alla biblioteca dell’università un manoscritto medievale, in segno di ricordo. Il manoscritto si trova ancora oggi nella sezione dei “Libri rari”, con la dedica: «Donato alla Biblioteca dell’Università del Missouri in memoria di William Stoner, dipartimento di Inglese. [...]

Insomma, una storia così scialba da non far comprendere l’esigenza di acquistare un libro “in un click”. Ma, per dirla con le parole di Peter Cameron nella postfazione a questo libro: “La verità è che si possono scrivere dei pessimi romanzi su delle vite emozionanti e che la vita più silenziosa, se esaminata con affetto, compassione e grande cura, può fruttare una straordinaria messe letteraria”.
È così. Questa vita anonima, caratterizzata da quelli che superficialmente potrebbero apparir come una serie di insuccessi, non riesce a farti staccare dal libro fino alla fine. Ci sono dei momenti in cui vorresti prendere Stoner per la camicia e urlargli: “Ribellati! Ma non vedi che Edith non è la donna che fa per te? Ti sta rovinando la vita! Lasciala!”. Altri in cui vorresti essere al campus, entrare nella stanza di quel maledetto Lomax e dirgliene quattro. Ma chi diavolo credi d’essere?! Poi respiri, pensi che è “solo” un libro; una storia scialba, per giunta; forse, però, se è capace di farti scaldare tanto, così insignificante non è.

Dell’autore, tal John Edward Williams non sapevo nulla. Sicché, leggendo che nacque in Texas nel 1922 da una famiglia di contadini (come Stoner), che partecipò alla seconda guerra mondiale (no, Stoner non vi partecipò), che al suo rientro si trasferì in Colorado dove rimase tutta la vita insegnando all’Università (come Stoner), ho pensato che il libro fosse autobiografico. Apprendo, invece, dal blog di Tommaso Pincio che il romanzo si ispira alla vita di James Cunningham,  poeta, insegnante e sfortunatissimo in amore.
Sì, anche di fallimentari storie d’amore ce ne son tante. Ma bisogna saperle raccontare. E Williams lo fece egregiamente. Un gran bel libro. 

mercoledì 6 febbraio 2013

Piccole rivoluzioni


È successo. Ho ceduto anch'io. Sì, l’ho fatto: ho acquistato un ereader.
Negli ultimi anni si sono succeduti i seguenti step:
  1. Ebook ccche? Giammai! I libri hanno un odore, una storia, una personalità. L’ereader è stato inventato per quelli che cambiano pc e cellulare ogni tre mesi, non per i lettori. È per feticisti della tecnologia mica per quelli che si perdono nelle biblioteche e si sporcano le mani nei negozi di libri usati! Non fa per me.
  2. Certo però che per chi viaggia molto o per chi utilizza quotidianamente i mezzi pubblici non è male poter leggere qualsiasi cosa a peso zero. Sì, ma avere di fronte uno schermo anziché una pagina stampata non dà soddisfazione. Comunque è costoso e gli ebook non sembrano tanto economici. Non fa per me.
  3. Ah!, quindi lo schermo non è come quello dei pc? Non affatica la vista. Come? Ci sono i dizionari e posso anche evidenziare e scrivere note? Forte! Certo che leggere in lingua originale con il dizionario che non pesa, non ha prezzo.
  4. E tu che ne hai provati diversi, quale ereader mi consiglieresti?


Un paio di mesi fa, con il ritorno al pendolarismo e ai conclamati ritardi dei treni regionali, da ereader possibilista sono diventata fortemente ereader possibilista. Nonostante la mia conclamata avversione nei confronti della tecnologia, mi sono persa tra DRM e formati epub, mobi, azw… Cose di cui non vi tedio perché sono un’incapace e in rete c’è gente molto più competente di me in grado di parlarne. Mi son fatta l’idea che qualitativamente l’ereader della Sony fosse tra i migliori. Costoso, però, per una che non è ancora tanto convinta di poter utilizzare l’e-demone.
Poi, lunedì scorso, ho aperto la mia posta e letto dell’offerta di Amazon per il Kindle base a un prezzo base. Onestamente, non sono tra quelle che hanno dichiarato guerra ad Amazon. Non credo che dal punto di vista “etico”, se così si può dire, sia tanto diverso acquistare su Amazon, Mondadori Feltrinelli o Ibs. Da qualche tempo, per manie personali, ho deciso di acquistare libri (quelli veri) in piccole librerie e nei negozi di libri usati. Ma il discorso non è applicabile agli ebook.
Alla fin fine, considerando che la mia è una prova, ho pensato che buttar 59 euro fosse meno pesante rispetto a buttarne il doppio.
Inizio a pensare che l’ebook possa convivere con il prestito bibliotecario e con l’odore delle vecchie edizioni scoperte per caso in quelle librerie d’altri tempi che miracolosamente sopravvivono accanto ai megastore del libro.
Sbaglierò? Lo utilizzerò? Bisogna sperimentare per capire.