martedì 3 settembre 2013

Folgorazioni - Parigi


Mi spiace ma no, questa non è proprio una di quella città di cui poter dire: “Sono stato a Parigi. L’ho vista in un weekend”. Magari puoi dire “Sono salito sulla Torre Eiffel, ho visitato qualche sala del Louvre, ho visto la Basilica del Sacro Cuore”. Insomma, Parigi è una città così immensa, così stupefacente che non commetterò l’errore di alcun “So… conosco…”.
In cinque giorni ho avuto il tempo di farmi un’idea: quella di tornare a Parigi non appena ne avrò la possibilità. Ma chi l’avrebbe mai detto? C’è stato un periodo lontano in cui addirittura mi venne offerto vitto e alloggio in quella città. Ed io rifiutai, stupida che non sono altro! “No, la Francia non mi incuriosisce; i francesi sono tutti snob, quella lingua non mi piace. Magari un giorno andrò in Provenza ma per adesso no, grazie”. Questo pensavo io appena laureata. Due ore dopo aver sostenuto l’esame di francese dimenticai tutte le regole grammaticale faticosamente apprese. E quest’estate ho espiato le mie colpe. 
Sì, è vero: i francesi non apprezzano molto chi non si sforza di parlare la loro lingua. Ma non mi risulta che in Italia ci si comporti in modo troppo diverso. Provate a chiedere, in inglese, una qualsiasi informazione ad un autista romano e state a sentire quale sarà la risposta. La verità è che nei posti in cui sono stata non ho avuto alcun problema nel farmi capire. L’unico problema è stata la mia frustrazione nel non comprendere le banali conversazioni tra amici in un bistrot o nella metro. Sì, va bene, non si fa: non si origliano le conversazioni altrui. Eppure da queste piccole cose si impara così tanto di un paese! É triste non poter interagire con la signora della boulangerie o con il signore gentilissimo che ti dà indicazioni alla fermata dell’autobus. Era da un po’ che non mi capitava di incappare nella barriera della lingua e la sensazione non mi è piaciuta. Sicché ho già iniziato a cercare un corso di francese che si incastri con gli altri impegni quotidiani.

In questi giorni ho tentato di capire cosa mi abbia incantato di Parigi. 
Perché, più di altre volte, sono tornata con la sensazione di non aver avuto tempo per vedere nulla, di aver appena annusato il profumo di un luogo senza riuscire ad aspirarlo pienamente? Mi è rimasta quella sorta di insoddisfazione di chi pensa che un gioco sia divertente ma gli viene sottratto prima di poter iniziare a giocare. Perché questa cosa mi è successa con Parigi e non con altre città? Non lo so.


Parigi dall'alto della Torre Eiffel all'imbrunire è uno spettacolo mozzafiato. Eppure la Torre Eiffel ce l’hanno fatto vedere in tutte le salse, come può suscitarti tanta emozione trovarti di fronte ad un monumento che pensavi già di conoscere? Invece resti a bocca aperta.


La chiesa di Notre-Dame di Parigi è certamente ancora oggi un maestoso e splendido edificio. Ma, per quanto si sia conservata bella invecchiando, è difficile non sospirare e non indignarsi di fronte ai danneggiamenti, alle innumerevoli mutilazioni che simultaneamente il tempo e gli uomini hanno inferto al venerabile monumento, senza rispetto per Carlomagno che ne aveva posto la prima pietra, né per Filippo Augusto che ne aveva posto l'ultima. Sulla facciata di questa vecchia regina delle nostre cattedrali, accanto ad una ruga si trova sempre una cicatrice. […]
Ogni lato, ogni pietra del venerabile monumento è una pagina non solo della storia del paese, ma anche della storia della scienza e dell'arte. Così, per limitarci ad indicare qui soltanto i dettagli principali, mentre la piccola Porte-Rouge raggiunge quasi i limiti delle delicatezze gotiche del quindicesimo secolo, i pilastri della navata, per volume e gravità, riportano fino all'abbazia carolingia di Saint-Germain-des-Prés. Si crederebbe che intercorrano sei secoli di differenza fra quella porta e queste colonne. Pertanto, l'abbazia romanica, la chiesa filosofale, l'arte gotica, l'arte sassone, la pesante colonna rotonda che richiama Gregorio VII, il simbolismo ermetico con cui Nicolas Flamel preludeva a Lutero, l'unità papale, lo scisma, Saint-Germain-des-Prés,Saint-Jacques-de-la-Boucherie, tutto è fuso, combinato, amalgamato in Notre-Dame. Questa chiesa centrale e generatrice è, fra le vecchie chiese di Parigi, una specie di chimera; ha la testa di una, le membra di un'altra, il dorso di un'altra ancora, qualcosa di tutte. 
(Victor Hugo, Notre-Dame de Paris, trad. Fabio Scotto)


Ho girellato alla ricerca della colta e vivace Parigi dei meravigliosi anni tra le due guerre di cui tanto ho letto nei mesi scorsi. Cercavo la Parigi di Sylvia Beach e di Adrienne Monnier di cui ho parlato qui.

Ahimè nella zona dell’Odeon resta poco di quelle che furono le grandi librerie, luoghi di ritrovo di intellettuali europei e americani. Nessuna traccia della Maison des Amis des Livres di Adrienne Monnier e solo una misera targa a ricordare che in rue de l’Odeon nasceva, grazie all’energia di Sylvia Beach e all'intraprendenza di questa libraia-editora, l’“Ulisse” di Joyce. Di gran parte delle librerie di questa zona resta solo l’insegna; altre erano chiuse per ferie, quindi non ho potuto curiosare.


Sono andata invece a curiosare nell'odierna Shakespeare and Company in rue de la Bucherie, a pochi passi da Notre-Dame. 


Il luogo è ormai diventato meta turistica: tutti fuori a scattar foto e poche persone dentro ad acquistar libri.


Approfittando del fatto che al piano superiore non ci fosse nessuno, mi sono permessa di immortalare qualche angolo.  



Avrei trascorso giornate intere nei giardini parigini. Curati, colorati, sentieri che invitano a passeggiare, leggere, stravaccarsi vicino ad una fontana e godersi il pomeriggio senza far assolutamente nulla.   


Non ci siamo fatti mancare la sfarzosa reggia di Versailles. Non amo molto le residenze prive di mobili e di oggetti dell’epoca e Versailles è un luogo di memoria sostanzialmente vuoto. Non dà l’idea di come si svolgessero le giornate in quegli spazi immensi. I giardini e i giochi d’acqua delle fontane, però, sono assolutamente grandiosi.


No, Montmartre non mi ha entusiasmato. Forse se non ci fossero stati tutti quei turisti sarebbe stato diverso. Una mia amica mi parlava degli splendidi vicoletti; noi ci siamo limitati a fuggire dalla pazza folla in fila per riportare a casa qualche caricatura.

Place des Vosges

Ho girato volentieri tra i bistrot del Marais e abbiamo cenato per ben due volte al Cafe Hugo vicino a Place des Vosges. Piazza incantevole e caffè delizioso, cibo di buona qualità, prezzi equi e personale divertente e disponibile. Avrei dovuto prendere un calvados, in onore di Simenon, ma poi mi sono limitata ad una birra.
  
Jardin du Luxembourg

E poi ci sono state le Ninfee di Monet al Musée de l'Orangerie e il girovagare senza meta. La triste constatazione di quanto siano efficienti i trasporti pubblici francesi (triste perché si finisce con la solita frase qualunquista “Da noi, invece…”), le considerazioni sul diverso costo della vita… cose così. 
Sono stati giorni bellissimi. Poi siamo ritornati. E in un batter d’occhio sono stata sopraffatta da quella quotidianità che ogni volta vorresti cambiare e poi non ce la fai. Però non sono tornata del tutto: sto leggendo Notre-Dame de Paris.