mercoledì 12 marzo 2014

L’Italia che pendola

Il pendolare a tempo indeterminato sa di non poter far affidamento sulla puntualità di Trenitalia. All’epoca in cui era apprendista pendolare, spinto da inspiegabile ottimismo, pensava che quegli imprecisati guasti tecnici fossero casuali. Poi, ha creduto di essere proprio sfigato perché il suo trenino regionale, per un motivo o l’altro, incappava sempre nei “problemi sulla linea”. Con il passare dei mesi, all’ennesimo ritardo, ha il sospetto che quel costante mal di stomaco sia una gastrite e dubita che Trenitalia lo risarcirà per stress da ritardo correlato. A quel punto, superata la fase della rassegnazione, entra nella fase matura: esce di casa all’alba e prende un treno così presto da arrivare a lavoro in ritardo giusto in caso di alluvione (notoriamente in Italia quando piove i treni scivolano e per evitare il rischio caduta preferiscono fermarsi completamente), neve, crollo di un traliccio, apocalisse…
Il pendolare maturo è persona organizzatissima: viaggia con libro, musica, generi di prima necessità. Ma a volte neppure i tappi per le orecchie riescono a proteggerlo dall’esuberanza del viaggiatore occasionale, inopportuno e maleducato. In quel caso, anche la pazienza del pendolare di professione inizia a vacillare. Può succedere, ad esempio, se, per sventura, alle 7.30 del mattino si trovi fermo per un periodo indefinito in una stazione dimenticata dal mondo. Vorrebbe immergersi in un libro della Munro, faccio per dire, ma, infelicemente, ha accanto una graziosa fanciulla che deve necessariamente far sapere a tutta la carrozza che la prossima settimana ha le prove generali per uno spettacolo in cui è tutta di bianco vestita. Un abito così candido da confondersi con la neve che dovrebbe scendere sulla scena ma, disgraziatamente, gli effetti atmosferici non sono stati ancora messi a punto. Per colmo della sfortuna, lei non potrà partecipare all’ultimissima prova generale e la regista e l’aiuto regista se lo son presa tantissimo. Il ché è proprio un peccato visto che nella produzione c’è gente che avrebbe potuto fornirle un aggancio per lavori futuri. Un peccatissimo visto che, a detta dell’amico che si trova tre persone più avanti, ma ciò non ostacola affatto la conversazione, lei piaceva tantissimo alla produzione. Certo però che se proprio non può andare…
Impietosito dallo strazio che stanno subendo i pendolari rassegnati, dopo 30 minuti il treno riparte. E nella carrozza, in cui buona parte dei libri erano stati chiusi, si percepisce un generale sospiro di sollievo. I pendolari abituali non sapranno mai come e perché tal Federico sia passato da avere un atteggiamento leopardiano (?) ad una posa superba [nel senso che si crede sto cavolo?, traduce la biondina seduta accanto al pendolare esasperato], ma se ne faranno una ragione.  

giovedì 6 marzo 2014

Via delle Camelie

Ho scoperto MercèRodoreda alcuni anni fa. Sentii qualche recensione positiva di La piazza del Diamante (pubblicato in Italia da La Nuova Frontiera, trad. Giuseppe Tavani); ero in fase spagnoleggiante, volevo andare a Barcellona, mi ero iscritta ad un corso di lingua e cultura spagnola e la Rodoreda mi catturò. Che poi la Rodoreda è catalana e scrive in catalano, ma allora non sapevo ci fossero delle differenze.
Non so dire cosa mi abbia stregato: forse la scrittura cupa, tutto quel fluire di pensieri a ruota libera. Rodoreda racconta a sé stessa e tu ascolti; un po’ ti vergogni perché certi pensieri ti sembrano troppo intimi, forse Mercè mica le voleva dire a voce alta quelle cose lì; le son sfuggite e tu non avresti dovuto ascoltarle. Ma ormai l’hai fatto.

Pensai di dover acquistare qualche altro libro della stessa autrice. Poi, come al solito, passò del tempo. Via delle Camelie l’ho trovato a metà prezzo in una libreria dell’usato. In questo periodo mi sento poco spagnoleggiante, ma l’ho preso ugualmente. All’inizio ho pensato che la fascinazione di Piazza del Diamante fosse bella che andata. Poi, intorno alla cinquantesima pagina di Via delle Camelie, sono caduta nuovamente in quella misteriosa cupezza. Anche qui, la protagonista non è nata sotto una buona stella; abbandonata da piccina, ha la smania della fuga, vaga alla ricerca di qualcosa di indefinibile. Ma prende una batosta dietro l’altra. Forse cerca la felicità. Forse ha bisogno di essere rassicurata. Forse ha bisogno di casa. Forse cerca solo il calore di una semplice tisana al tiglio. 

lunedì 3 marzo 2014

Roma – Ostia 2014

I runners raramente si portano al seguito qualche accompagnatore. Invece io corro sapendo che al traguardo c’è quasi sempre il signor valigiesogni, pronto ad immortalare il momento. È successo anche ieri.
Quando l’accompagnatore non c’è, passata l’euforia della prestazione scatta la telefonata alla persona amata: “T’ha detto male anche stavolta; pure oggi sono arrivato sano e salvo”. Scherzando, l’abbiamo detto anche ieri alla moglie del mio amico; lo dicevamo mentre i ragazzi della Croce Rossa prestavano i primi soccorsi a qualche corridore colto da malore. Lo dicevamo senza fare troppo caso alle nostre parole perché in quell’atmosfera gioiosa il malore è cosa passeggera, nessuno lo prende seriamente. Invece, tra gli atleti portati via dai soccorritori c’è stato qualcuno che nelle prossime gare quella telefonata lì non potrà più farla.
Per gli appassionati della corsa la Roma – Ostia è un evento unico; ti resta dentro quel silenzio irreale dei primi minuti, quando senti solo il ciafciaf dei piedi attenti a non intralciare l’altro, a trovare la propria dimensione, il proprio spazio. Davanti, una distesa infinita di corpi in movimento e non capisci come tante persone possano restar in silenzio tutte contemporaneamente. Sono quei minuti iniziali che ti fanno iscrivere nuovamente l’anno successivo. Un’emozione indescrivibile. Poi si trova il proprio ritmo, il compagno di sempre, il compagno nuovo e la Roma-Ostia diventa una gara come tante altre.
Sfortunatamente succedono drammi come quello di ieri.

Facciamo una visita medica annua obbligatoria e il certificato di idoneità ci viene rilasciato solo se veramente idonei; siamo abbastanza attenti alla nostra condizione fisica, presi più dalla smania di evitare qualsiasi tipo di infortunio che ci blocchi un paio di giorni che da reale preoccupazione per la nostra salute. Però può succedere qualunque cosa in qualunque momento. Certo è che l’organizzazione della Roma – Ostia è quasi sempre impeccabile. Ieri c’erano ambulanze e soccorritori lungo tutto il percorso; numerosi soccorritori e fisioterapisti all’arrivo; ampio dispiegamento di forze dell’ordine. Una macchina organizzata per poter parlare solo della perfetta riuscita dell’evento. Ma la vita è fatta così: non si può prevedere tutto.