domenica 17 maggio 2015

Torino – Non solo Salone del Libro

È anche lo stato d’animo a farci piacere un luogo. Torino, ad esempio, mi è sembrata più bella del solito. Correre all’alba con gli scoiattoli nel parco del Valentino; macinare chilometri sul lungo Po mentre il cielo iniziava ad aprirsi e il traffico della città in lontananza ad intensificarsi. Un’insolita scarica di energia per me che non ho mai amato l’umidità dei fiumi. 
Mi è sembrata piacevole perfino la traballante stanzetta del vecchio palazzo in cui ho albergato. Un ritorno ai miei primi viaggi. Sistemazioni spartane ed economiche; l’importante era la meta non le stelle dell’hotel. È stato bello vagabondare di sera tra le vie del centro, incurante della Torino bene che si muoveva su tacchi 12 e abitini eleganti. Un gelato, le tante parole ascoltate, le parole perse, i libri acquistati, quelli a cui ho saputo dire di no, quelli che avrei voluto e i “Ma poi quando li leggerò tutti ‘sti libri?”


Avevo bisogno di tempo per me e il Salone del libro è stato un buon pretesto. Ora c’è il solito mix di malinconia e stanchezza. Sono state ore intense e necessarie. Continuerò a rimuginare su quanto ascoltato e mi riprometterò di trovare nuovi pretesti di evasione. Poi verrò fagocitata dalla quotidianità e i buoni propositi andranno a farsi benedire. 

giovedì 14 maggio 2015

Non siamo più noi stessi, Matthew Thomas.

È venuta a mancare mia nonna. Aveva compiuto 88 anni a febbraio; da qualche tempo diceva di essere stanca, non era più la leonessa di un tempo. Mi sarei dovuta preparare alla perdita. Ma non si è mai pronti a lasciar andare le persone a cui si è voluto bene, anche quando sembra siano loro a chiederlo.
Ho trascorso un paio di giorni in ospedale al suo fianco. Ogni tanto sembrava appisolarsi ed io tiravo fuori il tomone della Neri Pozza. Ad un tratto ha aperto gli occhi e l’ha guardato sospettosa. «Fammi vedere se è scritto grosso». Gliel’ho avvicinato e lei ha fatto cenno di no. Un carattere troppo piccolo per i suoi occhi, che fino a pochi anni fa vedevano perfettamente.
«Di cosa parla?»
«Di una coppia irlandese che negli anni Trenta emigra negli Stati Uniti, stabilendosi in un quartiere operaio di New York. La figlia, Eileen, una tipa determinata, non troppo simpatica, studia, lavora, si impegna per poter avere una vita di successo. Diventa infermiera, sposa Ed, un brillante insegnante, attento studioso del cervello. Ma Ed a soli 51 anni si ammala di Alzheimer e la loro vita cambia completamente…»
Forse non è la storia migliore da raccontare ad una persona in fin di vita.
«Qual è l’Alzheimer?»
«La malattia di zia Anna.» Sua cognata.
S’incupisce. «Che brutta malattia! Ti ricordi quant’era bella e gentile? Ora è ridiventata una bambina. Mio fratello non può lasciarla un attimo da sola perché ha paura dei disastri che potrebbe combinare. Non si ricorda più come si cucina; ti chiede una cosa e dopo due minuti se ne è già dimenticata. Chiacchiera con tutti. Non la si può mandare neppure al supermercato da sola. E mio fratello si vergogna tanto… Povero Romeo, di tante malattie proprio questa gli doveva capitare…»
Una malattia incomprensibile per mia nonna che, fino a due giorni prima di lasciare questo mondo, ricordava episodi da me rimossi. La vergogna, la difficoltà nel parlarne. La necessità di condividere il peso con altri, l’esigenza di essere aiutati che si scontra con il timore che l’altro possa sentirsi abbandonato. 
Eviti di dire che ti sei rivolto ad una badante, chissà cosa penseranno gli altri. E poi c’è il disagio degli altri: noi che non sappiamo mai come rivolgerci ad una settantenne che tira fuori dalla borsa qualche cioccolatino, offrendoli a tutti i degenti della camerata. E si offende di fronte al rifiuto altrui.
A mia nonna non ho potuto raccontare il finale di Non siamo più noi stessi. Una storia concreta, senza toni melodrammatici. Sicuramente troppo lunga. Qualche taglio avrebbe giovato alla fluidità del romanzo.  

Il Guardian saluta Mattew Thomas come il nuovo Franzen. Io non ho trovato alcuna analogia con Le correzioni (che mi piacque tantissimo). Onestamente, se non fosse stato per il book club della Neri Pozza, non penso avrei acquistato il libro. E sicuramente non l’avrei letto in questo periodo. 
Un tomone che mi ha lasciato addosso sensazioni contrastanti: non mi è dispiaciuto ma non mi ha neppure appassionato. L’ho letto velocemente ma senza mai avvertire l’urgenza di tornare alla lettura. Voci autorevoli hanno opinioni diverse dalla mia ma, personalmente, per questo Thomas non prevedo il successo di Franzen.

Matthew Thomas, Non siamo più noi stessi, Traduzione Chiara Brovelli
Neri Pozza editore, I narratori delle tavole


lunedì 11 maggio 2015

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Una questione privata, Beppe Fenoglio
Quando leggi un capolavoro finisce che non ne parli mai in un blog come questo. Che puoi dire tu di Beppe Fenoglio per spingere quanti non abbiano ancora letto Una questione privata ad acquistarlo immediatamente? 
Che può dire di originale su Elsa Morante una Babalatalpa qualsiasi? Spulciando tra i libri usati di una nota libreria, riflettevo sull’arte della scrittura e su cosa renda un capolavoro tale.
«Posso aiutarla?».
«No, grazie, davo un’occhiata. Anzi, sì. Avete per caso qualcosa della Morante? Vorrei acquistare Menzogna e sortilegio».

Occhi al cielo, espressione da “Eccone un’altra a cui si deve spiegare tutto”. «Ma la Morante non si trova tra i classici! Non è qui che deve cercarla. Qui ci sono solo opere di autori morti». Pausa. «Beh, sì, anche la Morante è morta, ma da poco».
Comincio a divertirmi.
«Quindi un classico è tale se dopo un paio di secoli dalla morte dell’autore qualcuno lo acquista ancora?».

Lei, soddisfatta, si avvicina al pc: «Sì, più o meno. Comunque tra l’usato non abbiamo niente della Morante. Se ci fosse stato, l’avrebbe trovato lì, nello scaffale dei contemporanei».
Mi avvicino allo scaffale incriminato e vedo diverse copie di Federico Moccia, molto Volo, Mazzantini, D’Avenia... Ora, senza voler offendere Moccia, chi diamine potrebbe mai pensare di mettere “Scusa ma ti chiamo amore” accanto a “La Storia” solo perché gli autori sono nati entrambi nel XX° secolo??

In fondo, non faccio mica la libraia io…