giovedì 25 febbraio 2016

Etica dell’acquario, Ilaria Gaspari



Ilaria Gaspari è una trentenne bellissima, capelli scuri, rossetto rosso, una grazia nervosa quando muove le mani e un diploma in Filosofia alla Normale di Pisa. L’immagine che ho dei Normalisti non coincide né con l’idea di grazia, né di bellezza, e la spontaneità dell’autrice mi spiazza subito. Così come mi spiazza la sua Pisa.
La Pisa universitaria raccontata dai miei amici (normali con la n minuscola, nessuna eccellenza), è una cittadina allegra che gli ex studenti rimpiangono per le festicciole del giovedì sera, i pranzi della domenica da studenti fuori sede, la corsa sul Lungarno, le bici rubate, le ore di studio insieme. Il senso di “casa”. Etica dell’acquario smonta tutto ciò.
Per molto tempo ho creduto di dover dimenticare Pisa […], quell’accento che non avevo ancora capito se mi era indispensabile o insopportabile. […] Erano passati anni senza che tornassi, poi una mattina arrivai in aereo: c’era il sole e un’ombra di neve sulle montagne basse e limpide. Le case screpolate e silenziose come una volta, il fiume colore del fango alto per le piogge d’autunno.

Pisa, vista dalla Scuola Normale, è una realtà distante. Se ne ricordano i piovosi giorni di novembre, le palme altissime dell’orto botanico, il gelato sul Lungarno, l’indolenza placida degli abitanti con i quali non ci si confonde granché, perché i Normalisti vivono nel loro ghetto, con le pareti scrostate, i mobili vecchi e malandati, ricoperti da una sbiadita carta da parati verde acqua.
Un mondo di cose proibite e di riti che si ripetono un giorno dopo l’altro: lezioni, biblioteca, occhiatacce ad ogni risata che rompe il silenzio, poi la mensa con le luci al neon e i piatti sempre più vuoti per dissolvere nella magrezza l’esuberanza di quei corpi ventenni. Su tutto prevalgono i riti del nonnismo e l’incubo delle notti dei processi contro le matricole. Sopravvive chi muta, come i pesci rossi dello stagno artificiale nel giardinetto del collegio. In pochi sono sopravvissuti all’esperimento dei piranha gettati nell’acqua melmosa. I sopravvissuti sono diventati enormi, i ventri rigonfi, tesi, teste e pance trasparenti, i denti sviluppati in maniera abnorme. Sono sopravvissuti ma hanno perso la loro identità. Non sono più pesci rossi.
Ilaria Gaspari racconta tutto ciò attraverso la voce della bella Gaia, a distanza di dieci anni dal diploma, e seguendo la struttura del noir. Ci sono due suicidi, c’è un amore intenso, tante ossessioni, l’amicizia, la paura, l’inadeguatezza di essere al mondo.
La Gaspari ha uno stile ricercato ed elegante, che a tratti ho trovato un po’ ripetitivo. Un paio di volte ho avuto la tentazione di mollare la lettura: mi sembrava di aver colto il messaggio che l’autrice stava lanciando già a metà libro, e non vedevo la necessità di dover arrivar a pagina 191. Poi l’intreccio noir ha prevalso.
Forse perché l’ho letto in giornate grigie, quelle dal cielo incerto, quelle in cui pensi possa iniziar a piovere da un momento all’altro, ma poi non inizia mai. Forse perché anche il mio umore in questi due giorni era un po’ grigio. Forse perché ce l’avevo col mondo intero e prima ancora con quella parte di me che non riesco ad educare. Forse per un po’ tutte queste cose, Etica dell’acquario m’ha messo addosso una gran tristezza. Ma forse era anche ciò che voleva l’autrice.    
Esordio narrativo interessante, ma mi aspettavo qualcosa di più.

Ilaria Gaspari
Del mio incontro con la casa editrice Voland a Più Libri Più Liberi 2015 e di Ilaria Gaspari ho già parlato qui.
Consiglio poi, l’interessante punto di vista di un’altra normalista (sopravvissuta), ancora innamorata della cittadina toscana.
È un esordio, è italiano, è pubblicato da Voland, è #readingchallenge2016, #esordienteitaliano.

venerdì 12 febbraio 2016

Volti nella folla, Valeria Luiselli

Valeria Luiselli, Volti nella folla
Traduzione dallo spagnolo (Messico) di Elisa Tramontin, laNuovafrontiera, 2015

Illustrazione in copertina di Gaia Stella


Certe volte mi fisso per un libro senza una ragione precisa. Ne ho letto due righe, ne ho visto la copertina di sfuggita, l’ha menzionato qualcuno… mi convinco del fatto che mi piacerà tantissimo e non mi do pace fino a quando non lo acquisto. È successo così con Volti nella folla di Valeria Luiselli. LaNuovafrontiera l’ha pubblicato in Italia nel 2012, ed io l’ho ignorato. Evidentemente la seconda copertina, scelta per la recente ripubblicazione, ha acceso la scintilla e sono stata costretta ad acquistarlo. Ora mi trovo in forte imbarazzo perché questo libro neanche saprei raccontarvelo. Avevo pensato di dirvi che è la storia delirante di una giovane donna che per scrivere un romanzo gioca a fare la Emily Dickinson, rimanendo eternamente in casa a parlare con i suoi fantasmi e mettendo su carta pensieri spezzati. Ma poi voi potreste obiettare: «Embè? Con tutti i libri che abbiamo da leggere, dovremmo sprecare il nostro tempo per una storia del genere?».
Così ho pensato di dirvi che è la storia di una che è l’esatto contrario di Emily Dickinson; una tipa che non sopporta di stare in casa da sola e allora si inventa una vita e una famiglia da raccontare. Ma non è mica tanto capace di stare in quella storia inventata.
Però, se dicessi una roba del genere, a voi passerebbe definitivamente la voglia di leggere questo libro. Ed io non saprei con chi condividere la vertigine di prendere una metro a New York e incrociare nella folla i fantasmi di poeti della letteratura latinoamericana che, prima di scoprire Valeria Luiselli, neanche conoscevo. Perché, non so voi, ma io, per dire, non avevo mai sentito parlare di Gilberto Owen. Adesso un po’ lo conosco, cioè, pensavo di conoscerlo; poi, la poesia, l’alcol, il gelato alla cocaina mi hanno mandato in confusione e ho smesso di distinguere lo spazio concreto dalle ombre.
Ora cerco tra la folla una donna dal cappotto rosso, la carnagione scura e le occhiaie profonde. Ha tra le mani un libro che si intitola Obras.



Insomma, a me questo libro è piaciuto, perché la Luiselli mi ha fatto sorridere, riflettere e perdere tra Città del Messico e New York. Ma nelle pagine finali mi sono smarrita del tutto, ed ho pensato che forse anche la narratrice, strada facendo, avesse perso la bussola. Perciò vi avverto: se cercate una trama lineare, Volti nella folla non fa per voi. Se volete una storia strampalata, un filosofo che a colazione mangia pane e coca-cola, libri rubati da biblioteche comunali, gatti senza coda, scarafaggi e un bambino divertente, allora avete trovato il romanzo giusto.


Qui un bell'articolo di Marco Gigliotti con tanto di intervista a Valeria Luiselli.
Se anche per voi Gilberto Owen era un illustre sconosciuto, vi consiglio il pezzo pubblicato sul blog lineadifrontiera.

Reading Challenge 2016
La nuova copertina di questo libro ben rappresenta un romanzo orizzontale raccontato verticalmente (purtroppo non sono parole mie, bensì dell’autrice), ed entra a pieno titolo nella #readingchallange2016 ideata dai russi, alla voce #librocopertina.

mercoledì 3 febbraio 2016

In Cammino con Stevenson, Tino Franza

Tino Franza è un signore mingherlino, sguardo mite ma penetrante, voce pacata, accento spiccatamente siculo.
Sornione, quasi timido, poi inizia a parlare e ti chiedi dove sia nascosto il pulsante per pigiare OFF e liberarti di lui. Ti prende per sfinimento: non ero lì con l’intenzione di acquistare In cammino con Stevenson, il suo libro, ma non ho potuto farne a meno. Giuro.
Ci siamo conosciuti all’ultima edizione di Più Libri Più Liberi, (di cui ho abbondantemente parlato qui).
Incuriosita dal progetto editoriale dei tipi di Exòrma, ero andata ad ascoltare la presentazione della collana Scritti Traversi, affascinata prevalentemente dal libro Viaggiatori nel freddo, quanto di più lontano da Stevenson si possa immaginare. Ma il percorso che seguono i libri prima di giungere a noi è misterioso e imperscrutabile. 
Il seguace di Stevenson, a sua volta scrittore traverso, ha buttato lì un paio di osservazioni interessanti sui viaggi a piedi. Così, fomentata dalla presentazione, insieme alla lettrice sconclusionata, mi son fermata allo stand della casa editrice Exòrma, dove il finto timido Tino Franza, lì presente, ha fatto esplodere tutta la sua loquacità.
Franza è un camminatore, specie tenace, avvezza a guardare il mondo con la potente lente d’ingrandimento fornita dalla lentezza del camminare a piedi. Il camminatore è un soggetto curioso di natura, aperto al prossimo, attento alle altrui abitudini e spesso capace di leggere la malinconia nello sguardo dei viandanti che si incrociano lungo il sentiero. 
Ammaliato dalla vita di R.L. Stevenson, Tino Franza parte alla volta di quello che per lo scozzese era stato una sorta di pellegrinaggio, poi raccontato in Viaggio nelle Cévennes in compagnia di un asino (pubblicato in Italia da Ibis edizioni, e di cui potete leggere qui un bel pezzo scritto da Gius.ante).
Franza ci narra della passione di Stevenson per la Francia, da Parigi alle piccole città, dai castelli alle grandi foreste. Ne amava l’aria, l’eleganza – la stessa che era in lui naturalmente e in virtù della quale da ragazzo veniva definito “il francesino”.
Colpito dai racconti sulla rivolta anticattolica dei convenanters scozzesi, narrati dalla sua nutrice, fervente calvinista, Stevenson decide di ripercorrere i sentieri dei calvinisti francesi delle Cévennes: i Camisardi. Costoro, così denominati per la camicia bianca che indossavano come segno distintivo, insorsero contro Luigi XIV che, con la revoca dell’editto di Nantes, aveva abolito la libertà di culto in Francia. Con l’appoggio segreto di Paesi Bassi e Inghilterra, i Camisardi misero in atto una guerriglia che si protrasse fino all’inizio del Settecento, nella zona montuosa delle Cévennes. 


Ufficialmente, Stevenson partì con l’intento di riportare a casa del materiale per un potenziale libro, ma forse intraprese il cammino più per l’urgenza di far chiarezza nel proprio animo che per esigenze di scrittura. Per dirla tutta, in quel periodo lo scrittore scozzese aveva il cuore in subbuglio e aveva bisogno di una pausa di riflessione. Sicché, acquistò un’asinella grigia, Modestine (con cui fu tutto fuorché amore a prima vista), e nel settembre del 1878 intraprese il percorso di quello che poi è diventato il cammino di Stevenson (l’imprenditore turistico dovrà pure inventarsi qualcosa per sopravvivere).

L’ottimo Franza mescola sapientemente i turbamenti dell’avventuroso Stevenson con le vicissitudini in cui lui stesso incappa cammin facendo. 
Certo, le locande non son più quelle dell’Ottocento, Franza è partito zaino in spalla, senza asina al seguito, e per chi non è abituato al viaggio a piedi, gli episodi raccontati nel volumetto potrebbero sembrare sin troppo romanzati. In verità, i camminatori son tipi strani: tra i sentieri si incontra gente che sembra esser appena uscita da un libro. E Franza, giustamente, infila i viandanti incrociati lungo il cammino di Stevenson nel suo racconto di viaggio. Poi aggiunge una serie di citazioni che ruotano intorno alla filosofia del camminare e del viaggio a piedi, il tutto corredato da un accurato apparato di note. Così, una pagina dopo l’altra, oltre a riprendere per l’ennesima volta L’isola del Tesoro, ti vien voglia di tornar a Chatwin e di leggere l’americana Rebecca Solnit, ma anche i saggi di Hazlitt e le poesie di Coleridge. E pure George Sand, grande viaggiatrice, di cui non ho ancora letto nulla.
In cammino con Stevenson, dal punto di vista grafico, è un gioiellino. Edizione raffinata, curata nel dettaglio, impaginazione e revisione impeccabile (io ho incontrato un solo refuso). Un’edizione così bella che si commetterebbe peccato mortale nel proporla in versione digitale.

In cammino con Stevenson, preso insieme ad un’altra borsata di volumi alla fiera della piccola editoria romana dello scorso anno (dicendo che “Giammai!, Non comprerò più libri fino ad esaurimento scorte”, salvo poi ricominciare dopo una decina di giorni), entra di diritto nella #readingchallenge2016 di quei pazzerelli che parlano sempre della Russia, alla voce #bastacoltsundoku, nonché alla sfida della riduzione della TBR (To-be-read) lanciata da quell’altra mattacchiona della lettrice sconclusionata.

Reading Challenge 2016 

Nota della lettrice in movimento
Se siete dei fanatici del viaggio a piedi, come la sottoscritta, e state pensando “ma quasi quasi per la prossima estate faccio un pensierino a questo Cammino di Stevenson”, vi suggerisco di dare un’occhiata qui e qui. E poi di ripassare da queste parti e raccontarmi com’è andata.