giovedì 2 settembre 2010

Umbilicus Italiae

Ci sono delle città delle quali spesso dimentico l’esistenza. Una di queste è Rieti. A volte fatico perfino nel ricordare che si trovi nel Lazio. Per colmare le mie vergognose lacune in geografia e per assaggiare la celebre cucina di Dario (ahimè!, chiuso per ferie, ma questo lo ignoravamo) tanto decantata dal signor valigie sogni, domenica scorsa ci siamo spinti alla volta della città dei Sabini. La strada scelta dal signor valigiesogni è lunga, tutta curve e tutta verde. Ha sempre in mente percorsi alternativi quest’uomo. 


Prima tappa della giornata, il Santuario di S. Maria in Vescovìo. Arriviamo in un luogo isolato, dove tra cipressi e tracce del passato, spunta la chiesa, una sola navata, con all’interno affreschi risalenti alla fine del Duecento. Pace, silenzio e la voce dei cipressi.



L’odore della frittura di pesce proveniente dal ristorante adiacente toglie un po’ di poesia a tutta la cornice, ma non si può arrestare il business.
Eremi e angoli che trasudano spiritualità: il viaggio verso Rieti prosegue.

Arriviamo. Mi aspettavo una cittadina ventilata, cinta da mura medievali, con una piazzetta centrale e gruppetti di ragazzi a bighellonare per strada. Le mura in effetti le ho trovate (XIII secolo), la giornata era ventosa ma calda nonostante la rassicurante presenza in lontananza del Terminillo; tutto il resto invece m’ha lasciato di sasso.
Cittadina elegante, molto curata, ricca (considerando la cospicua presenza di istituti di credito), chiese trecentesche e palazzi signorili. Passeggiamo lunghe le rive del Velino. Belle casette dai balconi in fiore che si affacciano sull’altro lato del fiume, acque limpide e fresche e la corrente che ti ipnotizza.
Poi ci lasciamo prendere dalla vivacità del centro, camminiamo tra i vicoli alla ricerca del monumento indicante l’Umbilicus Italiae, perché Rieti è “città del centro”.
«Terra dell’UDC?», penso ascoltando le parole del signor valigiesogni. «Macché, centro geografico dello Stivale!» Ah, ecco. E camminando ascoltiamo le note che provengono dalle finestre aperte del Teatro Flavio Vespasiano. Siamo alle prove finali: l’estate reatina è ricca di eventi e non manca la musica classica. Il programma della serata prevede, tra l’altro, l’Incompiuta di Schubert e il Concerto n°2 di Beethoven eseguiti dalla Tafelmusik Orchestra, diretta da Kent Nagano.
«Restiamo?», chiede il signor valigiesogni che conosce la mia voglia di musica. Insomma, Rieti non è proprio dietro l’angolo e il lunedì mattina si lavora, quindi non si dovrebbe fare tardi, però… Sembra che l’acustica del Teatro Flavio Vespasiano sia una delle migliori al mondo e poi biblioteche e teatri raccontano tanto della storia di una città, quindi se si ha la possibilità di unire alla visita anche uno spettacolo non riesco a rifiutare.
Bella, proprio bella questa domenica di fine agosto, tra chiese e musica, acque limpide e un po’ di storia. L’interno del Teatro Vespasiano merita da solo il prezzo del biglietto. Acustica ottima e esecuzione emozionante. Al pianoforte, Jacopo Giovannini, tredici anni appena e la dimostrazione che la musica è un dono: non tutti ce l’hanno. Impeto, sensibilità e quel groppo in gola che solo la musica riesce a suscitare.

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